Executive Summary

  • Le misure di contenimento leggere e mirate per combattere la seconda ondata di infezioni da Covid-19 limiterà il ritmo della ripresa. Prevediamo una contrazione del PIL globale del -4,7% nel 2020, seguita da una crescita del +4,8% nel 2021. Da aprile 2020, l'economia globale funziona al 70%-80% della capacità produttiva e ci aspettiamo che questa situazione persista fino al 4° trimestre 2020, anche se in misura minore, a causa di blocchi mirati per combattere nuove epidemie e restrizioni sanitarie prolungate. Un ritorno ai livelli pre-crisi per l'economia globale è ora previsto solo alla fine del 2021. La gestione dei rischi di una seconda ondata sarà tuttavia cruciale per determinare l'entità dello shock. I punti caldi sono il Brasile, il Messico, gli Stati Uniti, l'India, l'Indonesia, il Regno Unito e il Sudafrica, Paesi che sono particolarmente a rischio di nuove epidemie e false ripartenze.
  • Gli stimoli monetari e fiscali in risposta alla crisi Covid-19 sono stati pari a più di 18 miliardi di dollari nel 2020, 1,3 volte il PIL cinese. Ma i rendimenti differenziati creeranno recuperi differenziati. I nostri indici proprietari legati agli stimoli monetari mostrano i livelli record negli Stati Uniti, nell'Eurozona e nel Regno Unito. Tuttavia, l’indice cinese è ancora lontano dai picchi raggiunti dopo la crisi finanziaria del 2009. Nel frattempo, il sostegno fiscale globale è stato pari a 10, 4 miliardi di dollari dal marzo 2020 (12% del PIL globale), con una percentuale che va dal 3% al 18% del PIL dei Paesi. Questo, insieme alle dimensioni degli stabilizzatori automatici, modellerà le future traiettorie di ripresa per Paese. Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Austria dovrebbero recuperare più rapidamente, mentre Giappone, Stati Uniti, Spagna, Regno Unito e Italia avranno probabilmente bisogno di ulteriori stimoli fiscali per compensare la debolezza degli stabilizzatori automatici. Ci aspettiamo che l'Europa raggiunga il livello del PIL pre-crisi solo alla fine del 2022-2023, mentre la Cina e gli Stati Uniti dovrebbero raggiungere il proprio un anno prima, a seconda della gestione della seconda ondata. La questione chiave rimane il sostegno alla ripresa che verrà, insieme al supporto mirato per i settori più colpiti fino alla fine dell'anno. Con i rischi di solvibilità più elevati nel 2020 e nel 2021, prevediamo che le insolvenze globali aumenteranno del +35% nel 2020-21.
  • Il commercio globale non tornerà ai livelli pre-crisi prima del 2023, poiché i flussi internazionali nel settore dei servizi rimarranno penalizzati più a lungo. Prevediamo una contrazione globale del commercio del -15% in volume nel 2020, con una ripresa del +8% nel 2021 e del +4,1% nel 2022. Anche le perdite sulle esportazioni (4,5 trilioni di dollari USA nel 2020) riveleranno grandi asimmetrie tra Paesi e settori. Le attività di servizio richiederanno un tempo di recupero molto più lungo (2023 per i servizi di viaggio e di trasporto) rispetto al commercio di beni, che dovrebbe tornare al livello pre-crisi entro la fine del 2022. Prevediamo che il settore dell'energia sarà il più colpito (-733 miliardi di dollari USA di perdite all'esportazione), seguito dai metalli (-420 miliardi di dollari USA) e dai servizi di trasporto legati alle case automobilistiche (-270 miliardi di dollari USA).
  • I "mercati pavloviani" genereranno un regime di elevata volatilità. In risposta agli annunci di politica monetaria e/o fiscale espansiva, i mercati tendono a dipendere eccessivamente dall'efficacia delle misure politiche. Continuiamo a credere che il valore globale netto dei titoli sia sopravvalutato. Per il 2020, prevediamo che i Bund tedeschi a 10 anni chiuderanno l'anno a -0,5% e i titoli del Tesoro statunitensi sempre a 10 anni all'1,0%, leggermente al di sopra dei livelli attuali.
  • A medio termine, ci aspettiamo che la crescita del PIL sia compromessa dai lasciti della crisi. Vediamo un'accelerazione della zombificazione di aziende, banche e mercati del lavoro, un deterioramento del rischio sociale e politico e perdite definitive in termini di capacità di produzione. Rispetto ad altre economie sviluppate, gli Stati Uniti perderanno probabilmente un punto percentuale nell'arco di dieci anni, soprattutto a causa di un forte accumulo di debito pubblico. Anche se non ci aspettiamo un cambiamento del regime commerciale (ri-localizzazione/reshoring) nel breve termine, è improbabile che i livelli delle tariffe pre-Trump ritornino, nonostante la minore incertezza sui rapporti commerciale tra Stati Uniti e Cina dopo le elezioni americane.

 

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