Come previsto, il Primo Ministro May è uscita nuovamente sconfitta nel voto sull’accordo relativo alla Brexit in una versione leggermente modificata.

I parlamentari contrari hanno superato quelli a favore per 149 voti, un margine inferiore rispetto alla precedente sconfitta in Gennaio (230).

Ad ogni modo, si tratta è una débâcle significativa, che mette in discussione le possibilità della Signora May di arrivare all'accordo nei tempi previsti. Circa 75 Tories hanno ancora votato contro (in calo dai 118 a gennaio), insieme ai 10 parlamentari del Partito Unionista Democratico (DUP), appartenente alla sua coalizione.

Seguiranno altri due voti mercoledì e giovedì, che a nostro avviso si concluderanno con un'estensione dell'articolo 50 oltre il 29 marzo. La richiesta di proroga sarà discussa e approvata al vertice UE del 21-22 marzo, ma in quella occasione è richiesta l’unanimità dei consensi. Da parte dell'UE c’è da attendersi la richiesta di alcune condizioni.

Abbiamo a lungo dibattuto sulle tre opzioni che un periodo di proroga aprirebbe: (i) una rinegoziazione dell’accordo Brexit; (ii) un secondo referendum; (iii) un accordo Brexit più soft, nel senso di una unione doganale permanente.

A nostro avviso i parlamentari stanno cercando di forzare la terza opzione, cioè una Brexit morbida attraverso il consenso tra i partiti. Questa situazione mantiene un elevato grado di incertezza (con probabilità di una Brexit "senza accordo" che rimane invariata al 25%) e pesa sulla crescita del PIL (+ 1,2% nel 2019).